La mia esperienza di navigazione oceanica con barca a vela è avvenuta nel 2003, con partenza dall’arcipelago delle isole Canarie a bordo di un’imbarcazione di 12 metri, molto datata, assieme a tre amici. Tutti avevano una esperienza ventennale di crociere estive lungo le isole della Dalmazia (Croazia) e regate nel golfo di Trieste con le rispettive imbarcazioni.
Il mese ottimale per la traversata Atlantica da Est a Ovest è quello autunno – inverno, in quanto le forti perturbazioni nel mar dei Caraibi (tempeste tropicali) si sono esaurite e gli alisei, venti caldi e moderati, diventano stabili e permettono di affrontare in sicurezza la “Traversata” di 2700 miglia.
La partenza è avvenuta il 24 novembre 2003 da La Gomera, dopo aver effettuato nei giorni precedenti i necessari controlli all’imbarcazione, aver riempito la cambusa, controllate le vele, il motore. Il tempo meteorologico non era dei migliori, in quanto nei giorni trascorsi sull’isola le piogge quotidiane erano molto intense e, a detta dei locali, non si vedevano da ere geologiche! La partenza, con uno squarcio di sole, è stata caratterizzata da mare incrociato, vento sui 20-25 nodi e l’impressione era di essere in un frullatore 24 ore su 24. Ricordo la difficoltà dei primi giorni di mare ad abituarmi ai ritmi della barca, al rollio, al beccheggio incessanti, a mangiare, a dormire sempre sballottati dalle onde. Tuttavia, il ricordo va anche alle notti con il cielo costellato in modo magico, all’orizzonte infinito con il mare a 360 gradi, alle albe e tramonti fantastici.
La navigazione è proseguita verso le Isole del Capo Verde (senza fare scalo) e poi, nella fascia tropicale, verso ovest con gli alisei portanti e le lunghe onde oceaniche per raggiungere l’isola di Martinica.
Gli inconvenienti si sono presentati puntuali: quello più significativo riguarda la rottura del timone a vento, spezzato all’altezza della pala immersa, che ha richiesto la conduzione della barca esclusivamente a mano con il timone principale, cosa che ha comportato alternanze alla guida di tre ore, giorno e notte.
I ricordi che restano indelebili nella memoria sono l’avvistamento di balene (globicefali) che hanno accompagnato la corsa della barca affiancati per un breve periodo, i delfini con i loro salti gioiosi a prua, i pesci volanti che di notte attraversavano la barca cadendo anche sulla coperta, e una generale sintonia con l’ambiente circostante. Ricordo che le perturbazioni si vedevano nettamente, erano prevedibili e veloci, tanto che per approfittare di uno scroscio di acqua dolce, un giorno, mi ero insaponato per una “doccia” e così ero rimasto in quanto la pioggia era durata pochissimo.
Le notti completamente stellate assicuravano una luminosità incredibile, tanto da non dover ricorrere a luci, mentre le notti con cielo coperto erano talmente buie che al timone avevo l’impressione di percorrere un tunnel nero privo di uscita.
L’arrivo a Martinica, il 17 dicembre 2003, è stato emozionante! All’orizzonte il contorno dell’isola, immersa in una cappa di foschia, si presentava non ben definito e mi erano sorti dubbi se, dopo 2700 miglia, la rotta era giusta. Alla fine, man mano che ci avvicinavamo, si vedeva chiaramente il monte Pelèe, vulcano alto 1392 m, che caratterizza l’isola.